
Fazzuoli: sul cibo troppa pressione dalla pubblicità, serve programma tv sull’educazione alimentare
di Lara Loreti
Da Linea Verde alle vigne, la doppia vita del presentatore televisivo che con la famiglia gestisce una fattoria in Valdarno. “Faccio un vino senza solfiti e sto per produrne uno dealcolato”. Il suo Pugnitello premiato dal Concorso mondiale di Bruxelles
Federico Fazzuoli è noto e amato dal grande pubblico per il suo sguardo rassicurante e la profonda professionalità con cui per anni ha condotto (oltre che fondato nel 1981) Linea Verde. Ma non tutti sanno che, tra le sue passioni più radicate, c’è quella per la vigna. Un amore antico il suo, nato nell’infanzia, cresciuto nel tempo e poi esploso negli ultimi anni nell’azienda agricola di famiglia, a Terranuova Bracciolini (Arezzo) in Valdarno, che porta avanti con la famiglia: nata come “Ferdinando Fazzuoli” dal nome del nonno, oggi è l’impresa si chiama Fattoria Fazzuoli.
Dalla tv ai filari, il passo è breve. E diventa il tramite verso una seconda vita che, in un certo senso, ha accompagnato il personaggio tv per tutta l’esistenza. È lui stesso a raccontarlo a Il Gusto. Un Fazzuoli appassionato, che ama la natura, che valorizza il vitigno autoctono del Pugnitello, guarda al futuro e ai trend di consumo – sta per produrre un vino dealcolato – che non rinuncia ai suoi progetti in televisione. E soprattutto che attraversa e interpreta ogni sfumatura della vita con il filtro lucido della cultura: “In tv c’è tanta cucina, anche troppa, quello che manca è l’educazione al cibo – dice Fazzuoli -Servirebbe un programma in cui si faccia cultura del cibo per rendere il pubblico più consapevole delle sue radici”.
“Sono nato in un’azienda agricola, che oggi è cresciuta e che frequento di più di prima – racconta l’imprenditore - ma continuo a fare tv e documentari, anche se in modo diverso rispetto al passato, e giro prendendo parte a convegni e conferenze. Ho appena fatto un docu-film sull’ultima opera di Zeffirelli. Negli ultimi anni sono stato molto in Oman, realizzando progetti per immagini. I Paesi islamici hanno ereditato da Maometto il divieto di rappresentare uomini e animali, ma il consigliere degli affari culturali dell’Oman voleva dare un’immagine al Paese degli esseri animati attraverso la pittura. E così, su suo input, ho messo in piedi un progetto che ha portato alla realizzazione di 300 quadri per raccontare la storia della nazione. E da lì sono nati anche dei testi teatrali e degli spettacoli”.
Ma partiamo dall’inizio. “Sono nato nel Valdarno di Sopra, sulle balze che Leonardo da Vinci ha riportato su tela dietro la Vergine delle Rocce e la Gioconda, un paesaggio lunare frutto di una terra particolare che, per opera del tempo, si sgretola, viene giù dalle alture e si allarga nei borri (profonde fenditure nel terreno, simili ai calanchi, in cui scorrono dei torrenti, ndr). Su una terra del genere si possono fare solo vino e olio. Poi da ragazzo sono andato a Roma e ho seguito la carriera televisiva”. Ma il legame con la terra d’origine è rimasto sempre ben saldo.
“Tutti i miei parenti erano originari di questa zona, e i miei figli, due maschi e una femmina, hanno passato qui le estati. Lo stesso fanno oggi i miei due nipoti”. Ma nella vita agricola di Federico, la svolta arriva nel 2003, quando viene a mancare suo padre. “A quel punto bisognava decidere che cosa fare dell’azienda, due erano le cose: o si migliorava o si vendeva. E la decisione è stata: continuiamo! Mio figlio vive in Inghilterra, ma la mia nipotina quando torna in Italia, parla toscano. È la famiglia, sono le radici che sentiamo forti dentro di noi. I miei genitori, e prima i nonni e i bisnonni coltivavano vite e olivo. E su questa terra c’erano anche altre colture come il fagiolo zolfino. Oggi tutti noi portiamo avanti quella tradizione”.
Fazzuoli segue la fattoria con la moglie Anita D’Asaro e i figli: “Da quando sono tornato dall’Oman passo molto tempo qui. Sono nato fra queste vigne, che nel tempo abbiamo ampliato: dopo la morte di mio padre, abbiamo piantato il Pugnitello, seguendo un’idea nata da una ricerca dell’università di Firenze. Pensavamo di usare questa uva dura e ostica per il Chianti, poi l’abbiamo provata in purezza ed è venuto fuori un vino con caratteristiche abbastanza diverse”. Tutta l’azienda oggi conta otto ettari, di cui un ettaro di Pugnitello, il resto Sangiovese Colorino del Valdarno, un po’ di Merlot e una piccola presenza di Cabernet Sauvignon, Franc e Syrah “che servono a ingentilire il Chianti”.
“Il Pugnitello è il mio vino del cuore – prosegue l’imprenditore – vinificarlo in purezza è stata una sorpresa. E ora mi sto dedicando a scoprire dove questo vitigno può arrivare, sperimentando le sue potenzialità”. Una punta di diamante, tanto che l’annata 2012 proprio quest’anno è stata premiata dal prestigioso Concorso Mondiale di Bruxelles.
“È un vino dalla grande longevità – dice il conduttore tv e viticoltore - Ne facciamo 15-18 ettolitri per ettaro, 1.200-1.300 bottiglie, arriveremo a 1.800 con l’ultimo appezzamento che abbiamo piantato. E stiamo ancora studiando le caratteristiche di queste balze circondate dai borri, a strapiombo sulla valle. L’acqua qui non c’è, va presa giù. Quando piove tanto, la terra assorbe l’umidità, poi si secca col sole e queste crepe favoriscono gli smottamenti. La crisi climatica ci mette alla prova: le viti soffrono per via della siccità, soprattutto quelle giovani, che hanno radici più piccole. E stiamo valutando di realizzare impianti di irrigazione di soccorso”. A seguire la fattoria ci sono Marco Mocali, enologo, e Giuseppe Alfieri, professore dell’istituto agrario di Todi, esperto di agricoltura biologica.
E c’è spazio anche per l’enoturismo, settore promettente, soprattutto grazie alla presenza in Valdarno di turisti stranieri, come spiega Fazzuoli: “Facciamo anche agriturismo e accoglienza, d’estate degustazioni, le conduco io stesso quando posso, ai turisti spieghiamo come si produce il vino, mostriamo la nostra vigna centenaria, le viti dai lunghi tronchi contorti, e facciamo assaggiare il vino che viene da quelle vigne che hanno visitato”.
Ma il futuro cosa riserva? Numerosi i progetti in fieri, a partire da una nuova vigna di Colorino del Valdarno, in attesa della prima vendemmia, che potrebbe fornire un vino in purezza. “Un’altra scommessa è il vino senza solfiti – spiega il viticoltore - stiamo studiando i migliori metodi di produzione: già nel 2014, in seguito a una ricerca dell’università della Tuscia, realizzammo il primo Chianti Docg senza solfiti per dimostrare che un risultato del genere si poteva ottenere. E ancora oggi facciamo un vino che ha un contenuto inferiore ai 10 mg/litro, “Il senza solfiti”, a base di Sangiovese e Merlot”. Non solo. Per Fazzuoli, “il vino dealcolato sarà il futuro. È come il vino senza solfiti, quando una cosa è possibile, si fa e basta – dice il produttore - Viviamo in un momento storico in cui si fa strada la consapevolezza che troppo alcol fa male, e allora ti devi adattare. Se devo guidare, bevo un vino a basso contenuto alcolico o dealcolato. Qual è il problema? Io spesso bevo anche birra analcolica. La sfida è capire come mantenere inalterate le caratteristiche originarie dell’uva. Per questo farò un vino dealcolato: stiamo studiando le tecniche a disposizione per capire come realizzarlo, per una piccola azienda il processo è costoso. Ma questo sarà il futuro, ed è inevitabile. Sappiamo che le sigarette fanno male, c’è chi ancora fuma ma ci sono tante persone che hanno smesso. La gente deve poter scegliere, ma per poter scegliere deve conoscere”.
E per conoscere – Fazzuoli lo sa bene – il mezzo più efficace è la tv. Oggi stracarica di contenuti sul cibo e sulla cucina. “Un tema che funziona e funzionerà sempre – dice l’esperto – Certo, la grande esposizione di cibo che c’è stata in questi anni sarà relegata in canali specializzati. Anche perché noi abbiamo focalizzato il gioco, puntando sui protagonisti, gli chef, che diventano giudici, danno spiegazioni e così via. Bisogna invece fare più educazione alimentare, qualcosa c’è già in tv, ma è molto poco rispetto alle grandi energie che vengono usate per parlare di ricette. Il piatto è più l’abilità dello chef che non la qualità dei prodotti usati, e questo è un vulnus. Da dove vengono i prodotti? E poi, qual è la corretta alimentazione? La scienza è andata molto avanti, ma alla gente spesso queste informazioni non arrivano: siamo fermi alla dieta mediterranea che però è più un concetto che altro… Se a queste riflessioni aggiungi la pressione della pubblicità e quella della grande distribuzione, che spinge sul prodotto con il prezzo più basso per vendere di più, viene fuori che la situazione non è facile: ci sono Paesi che hanno preso coscienza di tutto questo, e spingono i ragazzi ad essere più attenti a ciò che mangiano e bevono. Da noi andrebbe fatta una grande campagna in questo senso, e solo un programma generalista può farlo, così da raggiungere decine di milioni di persone”.